Perdere la vista (quasi) all’improvviso. È quello che succede alle persone affette dalla neuropatia ottica ereditaria di Leber, una condizione genetica legata a un difetto nelDNA mitocondriale. Tra i 20 e i 30 anni nei pazienti (soprattutto maschi) si perde la funzione delle cellule gangliari della retina e il nervo ottico degenera: si diventa praticamente ciechi nel giro di poche settimane. Oggi però c’è una speranza di cura. La terapia genica LUMEVOQ® ha permesso a 37 pazienti di recuperare, parzialmente ma in modo sensibile, l’acuità visiva da entrambi gli occhi – una sorpresa anche per i ricercatori, che hanno attuato il trattamento su un solo occhio. I risultati del trial Reversesono stati pubblicati di recente sulla rivista Science Translational Medicine.
Ridare la vista con la terapia genica
L’approccio sviluppato dai team di Patrick Yu-Wai-Man dell’Università di Cambridge e di José-Alain Sahel dell’Università di Pittsburgh e dell’Institut de la Vision di Parigi consiste nell’iniettare nel corpo vitreo dell’occhio un virus modificato per trasportare all’interno delle cellule gangliari della retina il Dna del gene MT-ND4 corretto così da ripristinare la funzione persa (nella maggior parte dei casi nella malattia di Leber si parla infatti della mutazione m.11778G> A nel gene MT-ND4). La sperimentazione di fase 3, quella sull’essere umano, ha coinvolto 37 pazienti che avevano cominciato a perdere la vista a causa della malattia da sei mesi a un anno prima. I ricercatori hanno somministrato la terapia genica in un solo occhio, mentre nell’altro è stata praticato un trattamento placebo. Novantasei settimane dopo il trattamento, buona parte dei pazienti ha recuperato in acuità visiva (Bcva) dall’occhio trattato, come ci si aspettava. Inoltre, più precoce era stato il trattamento rispetto all’esordio della malattia, migliori sono stati i risultati. “Sostituendo il gene difettoso MT-ND4, questo trattamento salva le cellule gangliari retiniche dagli effetti distruttivi della mutazione, preservando la funzione e migliorando la prognosi visiva del paziente”, ha spiegato Yu-Wai-Man. “Questi risultati possono cambiare la vita dei pazienti”.
Trattare un occhio, curarli entrambi
A sorpresa, poi, in 29 pazienti (il 78%) c’è stato un miglioramento sensibile della vista da entrambi gli occhi, anche da quello che non aveva subito il trattamento. I ricercatori hanno ipotizzato che la ragione fosse la diffusione del vettore virale da un occhio all’altro, ma degli accertamenti erano necessari. Proprio per cercare di venire a capo di questi strani, ma apparentemente positivi, risultati, gli scienziati hanno condotto delle verifiche sui macachi. Dopo tre mesi dal trattamento, il DNA trasferito con il vettore virale è stato trovato anche in parti dell’occhio non trattato, in particolare nella retina e nel nervo ottico – evidenze che confermerebbero l’ipotesi della diffusione del vettore da un occhio all’altro. Occorreranno altri test per esserne certi, comunque. Sarà inoltre necessario capire le dinamiche della diffusione, se non ci siano problemi di sicurezza relativi sfuggiti nelle precedenti fasi di sperimentazione e se non intervengano anche altri meccanismi che contribuiscono al miglioramento bilaterale.
Non solo vista
“Salvare la vista con la terapia genica è ora una realtà”, ha commentato Yu-Wai-Man ha detto. “Il trattamento ha dimostrato di essere sicuro [nello studio si legge che gli effetti collaterali sono stati lievi e si sono risolti con trattamenti a livello locale, ndr] e attualmente stiamo esplorando la finestra terapeutica ottimale“. “Il nostro approccio non è limitato al solo ripristino della vista”, ha concluso Sahel: “Altre malattie mitocondriali potrebbero essere trattate utilizzando la stessa tecnologia”.
Galileo – Giornale di Scienza – di Mara Magistroni –